Cosa vuol dire demiguy? – Intervista con Giovanni

Giovanni, un demiguy. tiene un cartello con su scritto "Mamma, stai tranquilla. Sono queer, non fascista".

Giovanni è un demiguy, anche detto demiboy. Ha ventidue anni, viene dal Friuli Venezia Giulia, ma al momento vive ad Udine. In questa intervista, registrata nel Luglio 2021, ci racconta di sé e di cosa significa, per lui, essere un demiguy.

La traduzione italiana del termine, che non è molto popolare, è demimaschio, o demiuomo.

Come ci dobbiamo riferire a te?

“In Italiano uso i pronomi maschili, in inglese quelli neutri, il they singolare.”

Il tuo è un nome scelto?

“E’ quello che ho sempre avuto, non l’ho cambiato.”

Descrivici la tua identità di genere.

“Io, tendenzialmente, dico che sono di identità non binaria. Più nello specifico, mi identifico come demiboy o demiguy.

A grandi linee, demiguy è una sotto-categoria dell’identità non binaria. Descrive una persona che si identifica abbastanza come un uomo, ma non del tutto, non sempre, non pienamente. Questa è la mia esperienza. E’ una identità non-cisgender.”

Secondo te quali potrebbero essere alcuni segni di essere un demiboy, piuttosto che un uomo al 100%? Un uomo binario?

“Per la mia esperienza sono state soprattutto le etichette che mi davano, quando mi dicevano ‘fai l’uomo‘, ‘fai il bravo ragazzo‘, ‘sii un vero uomo‘.

Ogni volta che mi sentivo dire queste cose, che mi sentivo definire da qualcun altro un uomo, un ragazzo, un maschio, mi sembrava che stessero cercando di affibbiarmi un’etichetta che non era mia, o almeno non del tutto, in cui non mi riconoscevo pienamente. E’ come se io fossi mancino, o ambidestro e mi chiamano destrorso… non è che sia terribile, però non è una parola che mi descrive.”

Ti andrebbe di raccontarci dell’evoluzione della tua identità, e di come sei arrivato a definirti in questo modo?

“Fino alla quarta, quinta superiore, ero stra-convinto di essere etero, cisgender, “normale”.

Avevo un sacco di questioni nascoste, che facevo finta di non vedere. Col tempo, ho cominciato a seguire gruppi online di supporto. Si discuteva della propria identità, e lì ho cominciato ad avere i miei dubbi, perché ho visto persone parlare di come non sono cisgender, come sono non binari. E mi sentivo come se descrivessero me. Mi chiedevo: Com’è possibile?

Definizione wikipedia di Demiboy. Un demiboy, anche chiamato demiguy, demiman, o demidude) è una identità di genere che descrive qualcuno che si identifica in parte come un uomo, o un ragazzo.

Avevo capito di non essere cisgender, ma non avevo capito in che modo. Poi, quasi per caso, mi è capitato di inciampare sulla parola demiguy, o demiboy. Ho cercato su internet e ho scoperto la definizione, ho scoperto se c’erano forum online di persone che descrivevano la propria esperienza come demiguy, e ho capito che faceva per me. Eccomi!”

Quanto tempo è passato da questo momento a quando hai iniziato a fare coming out?

“Il mio primo coming out l’ho fatto circa tre anni fa come bisessuale.

Come persona non binaria, come demiguy, non ho ancora davvero fatto, pubblicamente. L’ho detto a diversi amici, l’ho fatto a metà. Al mio migliore amico l’ho detto subito. Anche perché, quando ho capito che avevo finalmente trovato la mia identità, ero talmente euforico che avevo bisogno di dirlo a qualcuno. Ho subito chiamato il mio migliore amico, e gli ho detto di essermi trovato.

Piano piano, l’ho detto anche ad altri amici.”

E’ molto bello avere amici che ti supportano. Hanno reagito bene?

“Sì, per fortuna. In alcuni casi ho dovuto precisare un po’ meglio, hanno continuato a farmi domande, ma sempre in modo molto rispettoso. Per fortuna, non ho mai avuto problemi con il mio giro di amici. Sono molto contento.”

Dicevi che non ti definisci cisgender. Ti definiresti transgender?

“Il concetto di nonbinary rientra nel concetto di trans, quindi sì. Però, pubblicamente non lo dico, perché fa immediatamente pensare ad una transizione, alla terapia ormonale. Non è una cosa che mi interessa, in realtà, quindi mi limito a dire che sono una persona non binaria. Comunque ritengo di rientrare nella macro-categoria transgender.”

Dicevi che hai fatto coming out come bisessuale.

“Sì, sono bisessuale. Fino alla quarta superiore mi ero costretto a fingermi etero.

Per tutto il periodo dell’adolescenza, mi ero auto-convinto che fosse una questione di ormoni, di pubertà. Pensavo che, a causa della pubertà, mi piacevano così tanto la ragazze che finivano per piacermi anche i ragazzi.

Ero sicuro che una volta che fosse finita quella fase, sarei stato attratto solo dalle donne.”

Non è successo

“Poi arriva l’età adulta, finisce la pubertà, finiscono le superiori e mi rendo conto che non è vero, anzi, mi piacciono anche più di prima. Tra la quinta superiore e il primo anno dell’università arrivo ad essere bisessuale.

Mi ci è voluto ancora un po’, avevo paura del giudizio degli altri. Sentivo parlare di come una persona si dichiarava bisessuale, ma sentivo anche dire che lo faceva sicuramente per moda. Avevo la concezione che essere bisessuale era una cosa che si diceva per attirare attenzione, e che non fosse una vera identità.

Mi preoccupavo che se avessi fatto coming out, sarei stato accusato di volere attenzione, di essere egocentrico, e quindi mi sono tenuto nello sgabuzzino per almeno un anno buono.

Al secondo anno di università ho detto basta, e ho fatto coming out pubblicamente.”

Anche con la tua famiglia?

“L’ho detto prima ai miei genitori, e poi a tutti.”

C’è qualche collegamento tra il tuo orientamento sessuale e la tua identità di genere?

“L’avere capito di non essere etero ha messo tutto in dubbio. Dal momento che non sono etero, magari non sono neanche cisgender? Questo mi ha portato ai forum online. Quindi sì, capire di essere bisessuale mi ha portato a capire la mia identità non binaria.”

Ci sono altre persone che ti hanno aiutato?

“Di amici, forse uno. Ho un amico delle superiori, che aveva fatto coming out come bisessuale, due anni prima di me. Mi ha dato un modello da seguire, ma l’internet mi ha aiutato di più.

Nei gruppi Facebook, le persone raccontavano come avevano capito di essere queer, come avevano fatto coming out, come non ci fosse niente di sbagliato. Mi ha aiutato molto.”

Cambiamo argomento. Hai sintomi di disforia?

“L’unica cosa è la barba. Quando mi crescono i baffi, mi fanno sentire troppo mascolino, quindi cerco di raderla abbastanza spesso, e vorrei essere glabro. Invidio, dentro di me, tutte le persone glabre. Ma è solo questo.”

Non ti vuoi sbilanciare troppo verso la parte maschile?

“Sono a metà tra il neutro e il maschile, idealmente.”

Che consigli daresti ad una persona trans o nonbinary più indietro di te nel suo percorso?

“In linea generale, di accettarsi. Non c’è niente di male, non c’è niente di sbagliato, non c’è da vergognarsi, non c’è da fuggire. Non serve fuggire da sè. E poi, informarsi, per scoprire che non sei l’unica persona al mondo a sentirsi così. Ce ne sono state altre prima di te, insieme a te, e dopo di te.

Consiglio di cercare, possibilmente fisicamente, se ci sono gruppi locali, ma anche online, altre persone con la stessa esperienza. Sono due cose: accettati ed informati.”

Pensi che le etichette siano utili?

“A me sono state abbastanza utili, perchè mi hanno aiutato a capire come mi sentivo.

Quando ho scoperto che esisteva l’etichetta demiguy, che c’era addirittura la bandiera, mi ha fatto sentire molto bene. Voleva dire che non ero l’unico a sentirsi così, che c’erano delle altre persone, e che ce n’erano talmente tante che erano addirittura riuscite a creare una comunità.

Dall’altro non bisogna estremizzare e trasformare le etichette in delle specie di scatole, chiuse, nel senso di “o rientri qua, o rientri là”. Bisogna ricordare che una identità può cambiare, nel corso del tempo, quindi non è detto che un’etichetta vada sempre bene solo perchè andava bene nel passato. Possono essere utili, ma non bisogna esserne ossessionati.”

Bandiera demiguy. Ha sette strisce. in ordine grigio scuro, grigio chiaro, azzurro, bianco, azzurro, grigio chiaro, grigio scuro. E' ispirata al design della bandiera transgender.
Bandiera demiboy

Secondo te, qual è la differenza tra essere un demiguy, ed essere una persona di identità neutra?

“Devo ammettere di non conoscere di persona molte altre persone non binarie. Purtroppo, nella mia zona i gruppi LGBT sono abbastanza risicati. Non posso quindi parlare per altre persone.

Pensandoci, immagino una differenza nel modo di porsi, e nel modo di vedersi. E’ un rapporto diverso con il proprio corpo, con il proprio aspetto, con il proprio modo di vestirsi, di acconciarsi… Ragionandoci, anche nel corso di anni, capisci come sei. E’ una cosa che ti viene da dentro. Non sono nemmeno sicuro che può essere del tutto spiegata a parole.”

Hai consigli per qualcuno che sta cercando di capire se è nonbinary, o se è un demiguy?

“Banalmente, agli inizi, mi aiutò cercare le definizioni sui siti internet. Cercare come vengono descritte le persone non binarie, come vengono descritti i demiguy, e cercare di capire: mi rispecchia questa cosa? Se io penso a me stesso come questa definizione, mi ci ritrovo? Mi piacerebbe essere descritto in questa maniera? Quando cerco informazioni su persone nonbinary, su demiguy, mi ci rispecchio? Mi piace questa cosa, sono anche io così? Insomma, andare alla ricerca di un confronto. Questo potrebbe essere utile.”

Cosa vorresti che tutti sapessero sulle persone nonbinary, o sulle persone trans in generale?

“Che non c’è niente di strano nell’esserlo. E’ una cosa che capita. Certe persone sono non binarie. Non è una cosa terribile, non è per forza una cosa strana, assurda, non è una ricerca dell’essere diversi, per il gusto di essere diversi, o solo per stare al centro dell’attenzione. Certe persone lo sono, e va bene così.

Il vecchio proverbio “il mondo è bello perché è vario” si applica anche qua. Certe persone hanno delle identità che possono essere considerate “particolari” ma non c’è niente di male in tutto questo. Il mondo è fatto così, l’umanità è fatta così, punto.”


Fun fact

Nel Gender Census del 2021, il 7.4% dei partecipanti ha descritto il suo genere come “demiboy”, per un totale di 3,279 persone. Demiboy è la ventiquattresima identità non binaria più comune.

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